Mi sono ricordato le lunghe passeggiate di un tempo, lí a Capodimonte o sul Vomero; ma ohimè! debbo camminare adagio e non mi posso stender molto lungi. Oggi, 8 marzo, mi sento meglio in gambe, e sono stato alla solita passeggiata, lungo il corso Vittorio Emanuele. Giunto al convento dei Pasqualini, là dov'ero solito rimettermi in carrozza e rifare la via, mi è venuta la voglia di far ritorno per un'altra via: tanto, non mi sentivo stanco, e le gambe volevano ancora andare. Sono sceso lemme lemme, per una scala erta, che mi hanno detto menare alla chiesa della Madonna dei Sette Dolori. Guardo e guardo: cercavo la casa dov'erano i Fernandez, e non trovo nulla, e non ravviso la strada. L'ingegneria, per fare il corso Vittorio Emanuele, ha disfatto due strade belle a quei tempi miei, quella di San Pasquale e l'altra di San Martino. Scendo e scendo e non mi ci raccapezzo. Giunto alla chiesa, respiro: tutto mi torna a mente. Laggiú è Magnocavallo, la strada nobile che mena a Toledo. Ma io piego a mancina e fo adagio quella scalinata lunga e sozza, fermandomi a ogni tratto, e mettendomi la mano sulla fronte, come se volessi evocare la mia giovinezza, vissuta in quelle parti. Giungo al palazzo ove abitavano e non so se abitano ancora i Minervini. A dritta è la strada del Formale. Mi ci avvio quasi automaticamente, ancorché non fosse la mia strada. Ma era la strada della mia prima giovinezza, piena di memorie. Da quella parte la via è incassata tra due mura alte e nude di vecchi conventi, entro di cui sono incavati certi primi piani e certe stanze terrene, simili a covili: un putridume.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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