Ma quando di lontano vedeva venire zio Peppe, la scappava subito: quella figura erculea e fiera le faceva paura. Cosí continuarono le cose per parecchi mesi. Io non ci pensavo che quando ero al balcone. Tutti i giorni si somigliavano: non si andava innanzi né indietro. Vedevo che la mi faceva di gran gesti; ma non ne capivo nulla. Talora si tirava dentro, e alzava la voce e pestava dei piedi; io guardava intontito: mi pareva una matta. Un sabato, dopo pranzo, che zio Peppe era sortito per non so quale faccenda, mi vedo volare sulla testa un involto di carta. La raccatto, lo spiego, ci trovo una letterina profumata, e vi era scritto cosí: "O mia celeste Emilia, domani a vent'ore sarò a San Martino. Verrai?" Rimasi trasognato. Voltavo e rivoltavo quella carta, e guardavo al balcone, e non c'era nessuno. Credo che la dovesse star da un canto, e farsi le grasse risi della mia dabbenaggine.
Il dí appresso Zio Peppe era andato a dir messa, e io, fattomi al balcone, vidi lei un po' indietro, e mi vidi piovere sopra un secondo involto. Lo afferrai per aria, e vi trovai scritta la stessa canzone, e sentivo di là dentro venire una voce che pareva fosse l'eco, e diceva: "Verrai? verrai?" Io presi subito una carta e ci scrissi sopra: "Sí"; ma vidi ch'era troppo leggiera e sarebbe cascata giú. Presi un cartone e ve la inviluppai dentro, e con un filo la legai bene, e la lanciai di gran forza, che pareva volessi sfondare il muro. Ella apri con avidità, credendo trovare un letterone, e come vide quel sí asciutto, alzò il muso, in aria di disappunto.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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