Quella ricordanza se ne trasse appresso molte altre, ché quella era la via solita dei miei trastulli coi cugini e coi compagni. In quel giardino facevamo le nostre merenduole, e andavamo a mangiare le troianelle, i dolci fichi cosí cari ai napoletani. Pensando a quella innocenza di vita, mi parve una follia quel correr dietro a una donna, e il cuore mi disse: "Torna, torna, ché zio Peppe ti aspetta". Rifeci un po' i miei passi, sospeso tra il sí e il no, e l'occhio errava distratto tra quella infinità biancheggiante di case, e lí vedevo lei, e non potevo cavarmela dinanzi, e mi sentivo mormorare all'orecchio quel suo: "Verrai?" Mi fermai, pensando a quel mio sí, e che ella era lí e m'attendeva, e la bella figura ch'io farei: "Dirà per lo meno ch'io sono un buffone". Salivo già, tra questi pensieri, e mi trovai su quell'ampia pianura erbosa ch'è alle spalle di Sant'Elmo. Guardavo e non vedevo nessuno, e mi venne il pensiero che la bricconcella si fosse voluta pigliare gioco di me. "Tanto meglio", dissi, e feci per tornare, pensando a zio Peppe, quando la vidi sbucare di mezzo alle erbe, che mi parve una ninfa. "Ciccillo", fece ella, e mi tese la mano. Io la guardai, stupito. "Conoscete il mio nome?" "Sicuro! ti ho inteso tante volte chiamare da zio Peppe con quella sua vociona". "E conoscete pure zio Peppe?" fec'io, e la guardavo trasognato.
Ella rideva rideva, mostrando una fila di denti bianchissimi, e diceva: "Come vedi, io sono di casa". E qui, saltellando e tirandomi seco, mi raccontò la lunga storia dei suoi sospiri, dicendo di me alcune particolarità che mi facevano stupire.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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