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      Non ci badai molto, ché avevo in capo zio Peppe. Corsi, e giunsi trafelato e tutto in sudore; ma era già quasi buio, e zio Peppe era uscito. Quando tornò, non mi salutò e io non fiatai. Ma il brav'uomo non sapeva tenere il broncio, e la mattina mi parlò come se niente fosse.
      Quel giorno ero un po' soprapensiero. Tenevo gli occhi spesso verso il balconcino, spingendo lo sguardo anche addentro, ma non c'era anima viva. Le mie solite lezioni furono una medicina, perché il sentimento del dovere e l'abitudine mi tenevano il cervello a segno. Talora mi si presentava lei tra una frase e l'altra, ma era un lampo e non avea la forza di fissarsi. Tornato a ora di pranzo, l'occhio corse là; ma quella casa già piena della sua voce, era solitudine e silenzio. A tavola zio Peppe, che aveva avuto vento della cosa, motteggiava, non mi dava requie, toccava questo e quel tasto, e io non rispondeva a tuono. Quando fu a letto, per fare il suo sonnellino del dopo pranzo, io mi posi a passeggiare per la stanza della scuola, e cercava di ficcarmi in testa la lezione; ma non c'era verso, ché l'occhio andava pur lí, e quel pensiero era come un verme fitto nel cerebro, che me lo teneva inquieto. "Dunque, - dicevo, - allons, pensiamo alla lezione"; ma la lezione non voleva andare, e stava sempre lí, tra quelle prime idee, e io ci stagnavo come in una palude. Piú era lo sforzo, e piú m'ingarbugliavo e non facevo via. Mi provai a socchiudere le imposte, per togliermi dagli occhi quel maledetto balconcino; ma che! in quella mezza luce la vedevo dovunque fissavo l'occhio, e talora sulla cattedra, con quel suo tuono beffardo, quando diceva: "La donna è un demonio". Quando vennero i giovani, tutto finí. In mezzo a loro mi sentii un altro; ripresi il mio buon umore, e tra quella concitazione mi uscí una lezione tale, che fu applaudita.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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