La trovai insipida, mera materia di piacere. Ella che aveva molta finezza, fiutò il mio disgusto. Il domani mi giunse questo vigliettino: "Carino. Con un po' piú di pazienza e di garbo ti avrei fatto mia vittima. Del resto, quel brutto zio Peppe mi ha fatto il tiro".
Cosí finí l'avventura.
Capitolo VENTESIMOTERZOLO STILE
La scolaresca era cosí cresciuta che in quella mia sala ci si stava a disagio. Pensai di mutar casa. Zio Peppe, vedendomi ben guarito, tornò in paese, adducendo per motivo la gravezza dell'età. In verità io era proprio guarito, perché non guardavo piú al balcone, e rimandavo indietro i bigliettini, senza aprirli. Una sera si fe' trovare giú al suo portoncino, e mi fece il pissi pissi. Ma voltai il viso e andai. Un filo di speranza ebbe quando sentí partito zio Peppe. Infine si persuase, e non la vidi piú.
La nuova casa era nel larghetto di San Pellegrino a San Paolo. Mi parve la piú bella casa che uomo potesse avere. Un gran cortile, belle scale, posta quasi tutta a mezzodí, con un giardino dirimpetto e un grazioso terrazzino. La casa era all'antica, con grandi finestre e grandi sale. A dritta era una sala capace di meglio che trecento persone, bene aerata, piena di luce. Lí m'installai. Non era messa con lusso, ma non mancava la decenza. In fondo, a sinistra, era il tavolino con l'immancabile lavagna, e presso la finestra, di lato, era la cattedra. A sinistra della entrata c'era la cosí detta galleria, una sala capace di un migliaio di persone, ch'io aveva cercato di riempire alla meglio con lunghi sofà coperti di tela bianca.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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