Questo oblio di sé nelle cose era per me il carattere dello stile vero. Nondimeno ciascuno scrittore ha una maniera sua propria di espressione, che nasce da certe sue qualità predominanti, come è l'intendere, il concepire, l'immaginare, il disegnare, il colorire. La cosa comparisce cosí o cosí, secondo questa o quella impressione che fa sull'individuo. In questo senso può dirsi che lo stile è l'uomo, come lo stile di Dante o del Petrarca. L'impronta individuale non dee però offendere le cose nella loro verità.
Notavo tre specie di stili: stile naturale, che ha in mira l'espressione delle cose nella loro natura; stile sociale, che guarda principalmente al colore del tempo; stile individuale, che prende qualità dallo scrittore. Questi diversi stili non sono che tre lati di un solo e medesimo stile, le parti necessarie a formare il tutto. Una sola di queste parti non ti dà la cosa nella sua integrità, l'è una mutilazione. Dicevo che due difetti capitali erano la mutilazione e la esagerazione, il meno o il piú del vero, ciò ch'era proprio degli scrittori aridi o ampollosi. Non biasimavo meno le digressioni e le parentesi, tutto quello che si suol chiamare un fuor d'opera, fuori della cosa.
Venendo alle qualità dell'espressione, dicevo che la nota fondamentale dello stile è la chiarezza, cioè a dire la visione immediata della cosa, come in uno specchio. Stile terso o limpido non sono che gradi della chiarezza. L'eccellenza dello stile è in questo trapasso dello spirito nella cosa, senza che ci sia niente di mezzo che oscuri o alteri la visione.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Dante Petrarca
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