Venne da Venosa Luigi La Vista, da Spinazzola Michele Agostinacchia, e da Sarno Vincenzo Siniscalchi con parecchi altri. Ci vennero anche due frati, padre Juppa e padre Smith, ch'ebbero il ben venuto e furono tra i piú studiosi. Questa eletta schiera diede il tono alla scuola. Io li chiamavo il mio stato maggiore. Era visibile il progresso, soprattutto nei componimenti e nella critica. Non era piú quistione solo di lingua e di stile: i giovani si addestravano a cercare nelle viscere dell'argomento, a trovarvi la situazione, e da quella derivavano la bontà o il difetto del lavoro. Questo li tirava all'unità del disegno, all'ossatura e al congegno delle parti. Lo stile veniva in ultimo, ed era esaminato non solo in sé, ma piú in relazione all'argomento. Quando la conclusione della critica era questa formola: "la situazione è sbagliata", l'autore si faceva pallido, il lavoro era giudicato essenzialmente cattivo. Nei giudizi il piú indulgente ero io, che trovavo sempre nei lavori piú mediocri qualche pregio, il quale mi apriva l'adito a parole di conforto e d'incoraggiamento. Questa maniera di critica riusciva barocca presso gl'ingegni comuni, inetti a orientarsi e a guardare il lavoro nella sua sostanza, pedanti nel loro rigore e facili a dire: "La situazione è sbagliata". "Ciò che vi è di sbagliato, - dicevo io allora, - è la vostra critica". Un giudizio buono era un avvenimento, come un buon lavoro. Si dice che i giovani sono i migliori giudici dei professori, ed è vero, ed io ci credevo molto.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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