Era il primo suo lavoro in iscuola. Successe uno di quei movimenti di attenzione che segnalano qualcosa di straordinario. Egli cominciò adagino, con quella sua voce che anche oggi tocca il cuore, senza ombra di ostentazione o pretensione, semplice nello scrivere, com'era nella vita. Si trattava di uno studente venuto in Napoli e divenuto un giocatore. Il giovane era studioso, ma, capitato in mala compagnia, fu tratto al vizio. Sul principio il racconto procedeva liscio, ma sempre filato e nutrito, non stagnava mai e non divagava, l'attenzione era sostenuta. Poi, nella storia di quella depravazione progressiva si notarono certe finezze di gradazione, che rivelavano un ingegno superiore. Cominciò nell'uditorio uno di quei movimenti di soddisfazione, che si sentono e non si descrivono. Era un senso indefinito di ammirazione, che scoppiò in voci di applauso quando il giovane autore, con uno stile colorito e pittoresco, ci mostrò il giovane, sprofondato nel gioco, che "metteva la sua anima su quattro carte dipinte". Quel motto fece cosí viva impressione, che non l'ho dimenticato piú. Quando finí, gli fummo tutti attorno, e io mi levai e gli andai incontro, e dissi: "Ecco un'altra rivelazione". Ebbe un'ovazione, in mezzo alla quale egli si faceva piccino, quasi per sfuggire a quel trionfo.
De Meis divenne l'anima della scuola. Lo stimavano per il suo ingegno e per la sua coltura straordinaria, e lo amavano per la bontà della sua natura. Anima pura e ideale, accompagnava la rettitudine e severità dei princípi con un'amabile indulgenza, che gli amicava anche i piú rozzi.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Napoli Meis
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