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      Tutto questo è un materiale grezzo, che dee riempire la memoria e divenire come l'arsenale dello spirito; ma, nell'atto dello scrivere, lo spirito dee mantenersi libero e guardare e ispirarsi nell'argomento, e guai a colui che cerca aiuto nei dizionari. Ricordavo il motto di Orazio, che lo scrittore dee per prima cosa studiare il suo argomento ed averne un'intera padronanza: la parola non manca a chi ha innanzi viva e schietta la cosa.
      Lo studio delle cose richiede serietà e libertà d'intelletto: due qualità molto desiderate nei nostri scrittori. Serietà vuol dire che l'intelletto non si arresti alla superficie, ma scruti le cose nella loro intimità, perché la verità è nel pozzo, e là nel profondo bisogna ficcar l'occhio. Le armi dell'intelletto sono la sintesi e l'analisi, due forze che, debitamente esercitate, gli dànno la guardatura giusta e piena. Cosí armato, l'intelletto prende possesso delle cose, e ne fa il suo pensiero e la sua parola. Divenute proprietà dello spirito, ricevono ivi dall'intelletto, dall'immaginazione, dal sentimento, cioè da tutta l'anima, una seconda vita. C'è la cosa e c'è l'anima, che le dà la sua guardatura, e se la pone dinanzi e se la rappresenta. Qui è il foco dove prendono luce tutte le regole dei ben pensare e del ben dire, la logica e la rettorica. Ma occorre a questo che l'intelletto abbia piena libertà di moto; altrimenti le sue forze giacciono inoperose. La libertà è all'intelletto cosí necessaria, come la serietà. Spesso l'intelletto si crede libero, ed è servo, servo dell'abitudine, della tradizione, dell'autorità, della società. Segno certo della decadenza è la servitú dell'intelletto, la quale gli tarpa le ali, gli annebbia la visione delle cose, lo tiene sulla superficie, uccide ogni serietà. Perché l'intelletto sia libero, è mestieri che abbia l'amore del vero, quell'amore che è padre della fede.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Orazio