Mi fermai molto sui contrasti o antitesi, flagellando il loro abuso, massime quando lo stile a contrasti sia divenuto una maniera dello scrittore: il qual vizio io chiamai la piú grave malattia dell'intelletto, che, appagato in quei riscontri o raffronti o paralleli delle cose, non posa in alcuno. Biasimai soprattutto la critica dei paralleli, come quella che rimaneva alla superficie, toccando delle cose non la loro sostanza individua, ma le loro attinenze. Compiuto questo lavoro sulle figure, notai ch'elle non sono solo mezzi di stile, come le avevano considerate i retori, che le veggono solo nelle parole e nelle frasi. Le figure entrano nell'organismo stesso della composizione, e sono il modo di concepire e di guardare le cose nelle loro somiglianze, differenze e opposizioni. Esse dunque sono il processo delle cose nel loro tutto e in ciascuna parte. Addussi molti esempi di queste figure, sia nell'intimo stesso della concezione, sia nei singoli periodi. Questo lavoro parve nuovissimo, specialmente per le applicazioni.
Conchiusi che la rettorica, attirando l'attenzione sopra forme esteriori alle cose e appariscenti di falsa luce, indirizza la gioventú alla menzogna, e la svia da' forti studi, guasta l'intelletto e il cuore. Dissi il simile di quelle figure che hanno la loro radice nell'immaginazione e nel sentimento. "Buttate al foco le rettoriche, - dicevo, - e anche le logiche. Ci vuole il verbum factum caro, la parola fatta cosa. Studiare le cose, questa è la vostra rettorica.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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