Citai con lode il marchese, e dissi ch'egli soleva chiamare le forme, "i ferri dei mestiere". Le mie lezioni non erano state che uno studio delle forme, e non dovevano menare al disprezzo di quelle. Dizionari, grammatiche, rettoriche, poetiche non erano roba da gittare al fuoco. Sole esse conducono alla pedanteria; ma lo studio delle cose, scompagnato da esse, conduce alla barbarie. Quello solo rimane nei posteri che riceve il suo suggello dalla forma. Paragonai le forme al culto, senza il quale la religione rimane un fatto interiore, senza espressione. Dissi ch'era bene studiare le forme con la penna in mano, notando i modi, i pensieri, i versi che piú facevano impressione. "Notate anche, - dicevo, - i vostri pensieri e le vostre osservazioni, giorno per giorno; sarà il giornale dei vostri studi, non meno prezioso che il giornale della vita. Ciascun dí riandate la vostra giornata, fate il vostro esame di coscienza; scrivete i fatti, i pensieri, i sentimenti buoni e cattivi; siate confessori a voi stessi. Nessun uomo fa senza del libro dei conti; oh come dee mancare il libro della scuola e il libro della vita? Con l'uno imparerete a scrivere, con l'altro imparerete a vivere".
Stetti alcuni dí, dicendo fra me: "Qualcuno dirà di questa lezione al marchese". E m'immaginavo già che mi venisse incontro con quella sua faccia aperti, piena di bontà. Andai a lui e lo trovai muto e freddo. Nessuno gliene aveva detto verbo. Curiosa questa natura umana!
Capitolo ventesimosestoLA LIRICA
Vennero l'anno appresso alcuni altri bravi giovani: Gabriello Balsamo, Ermenegildo Barci, Casimiro e Francesco De Rogatis, Belfiore, i fratelli Finelli, Francesco Bax, Pasquale Villari, Domenico Müller Ferdinando Vercillo.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Gabriello Balsamo Ermenegildo Barci Casimiro Francesco De Rogatis Belfiore Finelli Francesco Bax Pasquale Villari Domenico Müller Ferdinando Vercillo
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