Erano passati alla scuola del marchese i giovani Filippo De Blasio, Enrico Capozzi, Giuseppe Talamo, Matteo Vercilio. Tormentando la memoria, non mi sovviene di alcun altro. La scuola era numerosissima. Già la fama se ne spargeva per la città e per le province. In essa si era naturalmente formata l'aristocrazia dell'ingegno. Per consenso tacito di tutti, i migliori occupavano i banchi d'innanzi. Mi corse allora per la mente una reminiscenza della scuola del Puoti, e volli consacrare quella distinzione ufficialmente, volli anch'io gli Eletti. Il marchese gustò l'idea, perché ci vide come un ritorno alle sue tradizioni. Vi fu una gran festa scolastica, ed egli venne con tutti i suoi maggiorenti. Io pronunziai un discorso che non trovo piú fra le mie carte. Il sugo era che la scuola è presentimento della società, che quei primi banchi erano pronostico degli alti posti sociali a cui salgono i piú degni, dei quali gli altri sono come il corteggio ed il coro. Potevo temere che quella distinzione fosse principio d'invidia e di piccole gare; ma, schivo d'intrighi e di raccomandazioni, feci la scelta con tale dirittura, che tutti la trovarono giusta. Dicevano: "Cosí avremmo fatto noi".
Quell'anno cominciarono le lezioni di letteratura. Nel corso sullo stile e sulla rettorica avevo stabiliti i princípi generali dell'arte dello scrivere. Qui venni ai cosí detti generi di letteratura, collegandoli con quella parte della rettorica che si chiama invenzione. "I generi, - dissi, - sono determinati non dalle forme, ma dal contenuto; anzi è il contenuto che determina le forme, secondo la sua natura e la sua impressione sull'anima.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Filippo De Blasio Enrico Capozzi Giuseppe Talamo Matteo Vercilio Puoti Eletti
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