Tutto sta che il mediocre resti mediocre e non usurpi il luogo dei grandi: ciascuno al suo posto. Mirando sí alto, a noi riusciva facile spogliare della propria porpora molti re di cartone.
Le canzoni eroiche del Petrarca ci parvero roba letteraria. C'era in lui il grande artista, non c'era l'uomo. Pure, nella sua canzone all'Italia ammirammo la sincerità del sentimento giovanile. Venendo poi alla lirica amorosa, uso com'ero a collaborare coi giovani, feci fare parecchie ricerche sull'indole di quella lirica, indicando loro i libri da consultare. Fu questo il tema di parecchi componimenti. Uno scrisse sul culto della donna, un altro sul concetto dell'amore platonico, un terzo sopra Beatrice e sopra Laura. Vi furono lavori di qualche importanza, e discussioni interessanti. Le lezioni sulla lirica di Dante parvero una rivelazione. Conoscevamo la Divina Commedia a menadito; ma quella lirica era nuova a me e a loro. Mi capitò un esemplare muffito, macchiato e di caratteri antichi, che irritavano l'occhio. Certi sonetti mi fecero venir le grinze al naso: "Che roba è questa?" Mi pareva fra Guittone o fra Iacopone. Mi venne il sospetto d'interpolazioni o di falsificazioni. Poi mi furono innanzi sonetti vivi e freschi, che parevano scritti oggi: "Questa è poesia per tutti i secoli!" Feci notare che i sonetti buoni avevano a base un fatto concreto e una situazione determinata, con accordo di stile e di accento e di colore, e non vi comparivano le sottigliezze e i luoghi comuni del secolo.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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