Pagina (206/249)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La canzone della visione della morte di Beatrice, e l'altra sulle tre suore destarono viva ammirazione, e parvero i monumenti piú importanti della nostra lirica. M'è ancora presente il fremito di tutta la scuola, quando dissi:
      .... non sai novella?
      Morta è la donna tua, ch'era sí bella;
      e quando lessi:
      .... Morte, assai dolce ti tegno:
      Tu déi omai esser cosa gentile,
      Poiché tu se' nella mia donna stata.
      Fu anche applaudito il verso:
      L'esilio che m'è dato, onor mi tegno.
      La semplice lettura destava questi entusiasmi. Solevo però prepararli, riempiendo le lacune della situazione, e notando le idee accessorie, che fermentavano nel cervello del poeta, condensate in sintesi gravide, solevo dire, piene di cose. Critica pericolosa; ma ci riuscivo, perché, come un bravo attore, dimenticavo me nella situazione, e non vi aggiungevo niente di mio. D'altra parte avevo fatto molto progresso nell'arte del leggere, e ne avevo qualche obbligo a un tal Camilli, che teneva scuola di declamazione, dove, imparando a recitare con verità e naturalezza, avevo corretto quel po' d'enfasi stridente e piagnucolosa, che m'aveva appiccicato il Bidera. Ci conferiva anche il gusto che mi si andava purificando, e quel mio viver dentro nella lettura, sí che non mi sfuggivano le piú lievi gradazioni del pensiero o del sentimento. L'intonazione era giusta, l'accento sincero, la voce insinuante, fatta piú alla dolcezza che all'energia, non mai monotona. Dicevo che le cose hanno ciascuna la sua voce, e quando qualcuno, leggendo, non aveva la voce abbastanza flessibile e mutabile, mi veniva il mal di visceri, e non sapevo infingermi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Beatrice Camilli Bidera