Piovvero racconti, novelle, romanzi tra il fantastico e il sentimentale, sciarade, logogrifi, volgarità e puerilità in prosa e in verso. Si voleva il nuovo, e il nuovo era il genere romantico, e si diceva: racconto romantico, novella romantica. Non era una nuova coltura che sorgesse spontanea, era un'eco confusa e inintelligente di un moto letterario sorto molti anni indietro, di cui ci veniva il rumore dalla Lombardia. Il marchese sfogava la sua bile contro quei fogli, e non consentiva lettura di giornali a' suoi giovani. Cosa era romanticismo non si sapeva cosí per l'appunto, e i letterati piazzaiuoli strillavano che bisogna scrivere come natura detta, mettere da parte le regole; e mi ricordo questa frase comune: "Le regole tarpano le ali al genio". Questo intendevano per romanticismo. Il Medio evo saliva in moda, la leggenda era un genere favorito, classico significava pedante. E cosí si aveva un romanticismo a buon mercato. Il marchese rendeva pan per focaccia, e covriva de' piú curiosi epiteti questi letteratucoli. Tuffato ne' miei giornali politici francesi, poco leggevo quei fogli, e me ne venne subito il disgusto. Quel non approfondire niente, quel saltellare di palo in frasca, con quei punti ammirativi e con quei puntini, ne' quali non c'erano altri sottintesi che la vacuità del cervello, quelle situazioni tese e violente: tutto mi pareva falso e strano. Il marchese vietava la lettura dei giornali; io non facevo divieti, ma non dissimulavo il mio disgusto. Quella predica contro le regole, quel mettere da banda gli studi, e confidare nella onnipotenza del genio, era un sistema comodo, che incendiava molte teste di paglia di studenti, accensibili come un zolfino.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Lombardia Medio
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