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      Pure il marchese poteva andar contento dell'opera sua. Attorno a lui stavano riverenti i piú colti e stimati uomini della città: il marchese di Montrone, i fratelli Baldacchini, il Cappelli, il Campagna, l'Imbriani, il Poerio, la Guacci, il De Vincenzi, i Savarese, il Gasparrini, lo Scacchi, il Cassola ed altri, che non mi vengono sotto la penna. Molti letterati di altre parti d'Italia gli facevano plauso. La sua scuola aveva già messo buone radici fino nei seminari piú ritrosi. Mi ricordo il seminario di Cava, dove il marchese era spesso invitato e festeggiato. I suoi libri di testo erano sparsi nelle piú lontane scuole. Ultimamente avea posto mano ad un dizionario domestico, che venne subito in favore presso gli studiosi. Fiorivano molte scuole a sua immagine, come quella di Rodinò, e l'altra di Fabbricatore, ch'era la sua prediletta. E già venivano in fama parecchi giovani valorosi, entrati in molta dimestichezza con lui, come Luigi Settembrini, Vito Fornari, Antonio Mirabelli. Tutti onoravano in lui l'educatore della gioventú.
      Mi ricordo il grande scalpore che fece, quando gli venne a mano un opuscolo di Luca suo fratello, in confutazione de Le ultime parole di un credente, un libro di molto strepito e letto avidamente: chiamava l'opera del fratello un basso atto di cortigianeria, verso il governo. Da lui non venne mai niente di basso e di servile; poteva dunque esser contento. Ma in quella nuova aria si sentiva affogare, e vi si dibatteva del suo meglio. Se la prendeva con certuni come Cesare Malpica e Domenico Anzelmi, e con parecchi altri che beffeggiavano lui e la scuola; e queste erano miserie non degne della sua collera.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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