Notai che quel suo cotal riso a fior di labbra, quasi volesse prendersi beffe del suo argomento, era una ironia spontanea e incosciente di tempi adulti, che si rivelò con chiarezza riflessa nel Don Chisciotte. Notai infine l'inesauribile varietà de' suoi colori, la limpidezza delle sue fantasie e delle sue forme, la forza fresca e allegra della produzione. Lessi la famosa scena della Discordia, l'entrata di Rodomonte in Parigi, la morte di Zerbino, la pazzia di Orlando, l'andata di Astolfo alla luna, il combattimento di Biserta, Olimpia e Bireno, Cloridano e Medoro, la morte di Rodomonte. In queste letture io ero minuto ne' piú delicati particolari dello stile e della lingua; e dicevano ch'era un altro, perché pareva che dalle piú alte contemplazioni scendessi nelle piú umili sfere. La verità è ch'io mi sentivo sempre il maestro, sempre in contatto co' discepoli, e in quelle letture m'ingegnavo d'accostarmi piú a loro, di dir cose che non avevano trovato luogo nelle lezioni.
Esaminando il contenuto nella Gerusalemme, m'incontrai nella grossa questione dell'influenza del Cristianesimo sull'arte. Allora non conoscevo ancora i fanatici panegirici, mescolati con sottigliezze dottrinarie, di Guglielmo Schlegel, e m'aiutavo da me. Notai il carattere cosmopolitico, universale, cattolico della nuova religione, che oltrepassava le nazioni e creava l'umanità; i grandi centri di popoli, che allargavano l'orizzonte del poema epico; il concetto di fratellanza e di carità, che aboliva la schiavitú e stringeva in un solo patto tutti i figli di Eva; la consacrazione del dolore e del sacrificio, come via di redenzione; l'emancipazione dello spirito dalla materia; l'aspirazione a forme piú elevate e piú musicali, sino al puro sentimento.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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