Ma l'una esagerazione chiamava l'altra. La dea Ragione e la comunione de' beni avea per risposta l'apoteosi del carnefice e la legittimità dell'Inquisizione.
Ma l'esagerazione fu di corta durata, e la reazione fallì ne' suoi tentativi di ricomposizione radicale. Avea contro di sé nuovi interessi venuti su con la rivoluzione, interessi economici, morali e intellettuali. D'altra parte il nuovo ordine di cose favoriva pure la monarchia, che avea contribuito a promuoverlo. Non era interesse dei principi ristaurare le maestranze, le libertà municipali, le classi privilegiate, tutte quelle forze collettive sparite nel vortice rivoluzionario, nelle quali essi vedevano un freno al loro potere assoluto. Rimase dunque in piedi quasi dappertutto e quasi intero l'assetto economico e sociale consacrato da' nuovi codici, e si radicarono più i nuovi principii, sui quali era fondato. La reazione, ch'era in manifesta contraddizione con tutte le idee moderne, non poté durare. Sopravvennero a poca distanza i moti di Spagna, di Napoli, di Torino, di Parigi. Grecia e Belgio conquistavano la loro autonomia. Il sentimento nazionale si svegliava insieme col sentimento liberale. E il secolo XVIII ripigliava il suo cammino co' suoi dritti individuali, co' suoi principii di eguaglianza, con la sua carta dell'Ottantanove. La reazione per vivere in questo ambiente fu costretta di venire a patti, di trasformarsi, pigliare idee e linguaggio moderno; non fu più reazione o semplice restaurazione, ma transazione o conciliazione.
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