Sono anch'essi eredi del secolo XVIII, il loro programma è sempre l'Ottantanove, il credo è sempre libertà, patria, uguaglianza, dritti dell'uomo.
La forma più accentuata della reazione era il ritorno delle idee cattoliche. Il sentimento religioso troppo offeso, offende a sua volta, si vendica, pure non può sottrarsi alle strette della rivoluzione. Risorge, ma impressionato dello spirito nuovo, col programma del secolo XVIII. Ciò a cui mirano i neo-cattolici, non è di negare quel programma, come fanno i puri reazionarii, co' Gesuiti in testa, ma è di conciliarlo col sentimento religioso, di dimostrare anzi che quello è appunto il programma del Cristianesimo contemplato nella purezza delle sue origini. È la vecchia tesi di Paolo Sarpi ripigliata e sostenuta con maggior vigore di parola e di scienza. Notabile è soprattutto quello che ne scrisse il Manzoni nella Morale cattolica in confutazione del Sismondi. La rivoluzione è costretta a rispettare il sentimento religioso, a discutere il Cristianesimo, a riconoscere la sua importanza e la sua missione nella storia; ma d'altra parte il Cristianesimo ha bisogno per suo passaporto del secolo XVIII, e usa quel linguaggio e quelle idee, e odi parlare di una democrazia cristiana e di un Cristo democratico, a quel modo che i liberali trasferiscono a significato politico parole scritturali, come l'apostolato delle idee, il martirio patriottico, la religione del dovere, la missione sociale. La rivoluzione scettica e materialista prende per sua bandiera Dio e Popolo, e la religione dommatica e ascetica lascia le altezze del soprannaturale, e s'impregna di umanismo e di naturalismo, si avvicina alla scienza, prende forma filosofica, si fa valere come morale e come poesia.
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