Fin dal secolo scorso cominciata era una più stretta comunanza intellettuale nella colta Europa, ajutando a ciò anche le guerre napoleoniche. L'Imperatore portava in Germania le idee francesi e riportava le idee tedesche a Parigi. Il nemico galoppava dietro al suo cavallo. Parigi diveniva un centro attivo di scambii intellettuali, di esportazione e d'importazione. Le idee locali, manifatturate a Parigi, prendevano faccia europea. In quel centro vivace di formazione e di diffusione l'ammiratore di Alfieri, l'amico di Goethe, di Cousin e di Fauriel, s'iniziava alla vita europea, prendea l'aria del nuovo secolo.
Ma l'uomo nuovo, che si andava in lui formando, non cancellava l'antico; anzi vi s'inquadrava. Rimaneva l'erede di Beccaria, il figlio del secolo XVIII, l'ammiratore d'Alfieri. Il sentimento religioso non operò in lui come reazione, o negazione, cacciando violentemente dal suo seno le convinzioni e i sentimenti antichi; anzi consacrò quelle convinzioni e quei sentimenti, ponendoli sotto la protezione del cielo. Il nuovo cattolicismo aveva i suoi furori, le sue vendette, le sue esagerazioni. Il romanticismo era una vera reazione, perciò esclusivo ed esagerato. Quanta passione in quei romantici! Respingevano il paganesimo, e riabilitavano il Medio Evo. Rifiutavano la mitologia classica, e preconizzavano una mitologia nordica. Volevano la libertà dell'arte, e negavano la libertà di coscienza. Rigettavano il plastico e il semplice delle forme classiche, e vi sostituivano il gotico, il fantastico, l'indefinito e il lugubre.
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