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      Surrogavano il fattizio e il convenzionale dell'imitazione classica con imitazioni fattizie e convenzionali di peggior gusto. E per fastidio del bello classico idolatravano il brutto. A una superstizione tenea dietro l'altra. Ciò ch'era legittimo e naturale in Shakespeare e in Calderon, diveniva strano, grossolano, artificiale in tanta distanza di tempi, in tanta differenza di concepire e di sentire,
      Manzoni in tutte queste violenze d'idee e di stile non vede altro se non un contenuto religioso redivivo sulla terra, Cristo smarrito e ritrovato al di dentro di noi. La sua anima giovanile, già piena di un mondo morale, i cui nobili accenti odi suonare ne' versi per la morte di Carlo Imbonati, accoglie que' sentimenti religiosi come compimento e corona di quello. Ritorna la Provvidenza sulla terra, ricomparisce il miracolo nella storia, rifioriscono la speranza e la preghiera, il cuore si raddolcisce, si apre a sentimenti miti: su' disinganni e sulle discordie mondane spira un alito di perdono e di pace. Questo è il paradiso cristiano, vagheggiato negl'Inni. Senti che lo spirito nuovo in quel ritorno delle idee religiose non abdica, e penetra in quelle idee e se le assimila, e vi cerca e vi trova se stesso. Perché la base ideale di quegl'Inni è sostanzialmente democratica, è l'idea del secolo battezzata sotto il nome d'idea cristiana, l'eguaglianza degli uomini tutti fratelli di Cristo, la riprovazione degli oppressori e la glorificazione degli oppressi, è la famosa triade, libertà, uguaglianza, fratellanza, vangelizzata, è il Cristianesimo ricondotto alla sua idealità e armonizzato con lo spirito moderno.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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