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      L'idea di un Redentore divino è una delle più commoventi per i cuori semplici. Il poeta si sforza di renderla concepibile e ragionevole, e ne cava il magnifico paragone del masso. Il sentimento rimane sperduto tra quelle onde di un'immaginazione concitata. Niente è più contrario al genere romantico. L'inno, poesia essenzialmente religiosa, è la materia propria dell'infinito e del soprannaturale, la congiunzione dell'anima con Dio, l'esaltazione spirituale in regioni accessibili più al sentimento che all'immaginazione. Il suo carattere è la schiettezza e l'ingenuità. Non essendo più possibile quella verginità della fede che rende incomparabili gl'inni ecclesiastici, i moderni hanno cercato supplirvi con gli effetti musicali, gittando nelle loro contemplazioni quel non so che vago e intimo, che fu detto sentimento romantico. Ma il nostro poeta rimane classico nelle sue forme: vi si sente ancora la scuola di Vincenzo Monti. Invano si arrampica tra le nubi del Sinai; non si regge, ha bisogno di toccar terra: il suo spirito non riceve se non ciò che è chiaro e plastico; le sue forme sono descrittive, oratorie e letterarie, pur rigorose e piene di effetto, perché animate da immaginazione fresca in materia nuova. Degli angioli e de' pastori così parla la Bibbia: «Ecce Angelus Domini stetit juxta illos, et claritas Dei circumfulsit illos. Et subito facta est cum angelo multitudo militiae caelestis laudantium Deum et dicentium: Gloria in altissimis Deo». Questo dee parer troppo semplice a una immaginazione moderna.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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