Il poeta vi profonde i suoi più bei colori, ne cava tre strofe pittoresche, l'ultima strofa annunzia una immaginazione piacevolmente eccitata, che fa intorno all'argomento gli ultimi ricami. Ti nasce l'impressione di una bella apparizione, che sorprende e solletica la vista, com'è a veder certe fiammelle ne' fuochi artificiali, e non t'invita a raccoglimento, come quella frase nella sua santa semplicità così piena di energia: «claritas Dei circumfulsit illos». Questa emozione, che cerca il suo appagamento nelle combinazioni esteriori di quei fatti soprannaturali, e non ha radice nelle prime e dirette impressioni del sentimento religioso, rivela un calore tutto d'immaginazione, un sentimento puramente artistico, com'è negli scrittori neo-cattolici di quel tempo. Di qui nasce quell'apparato rettorico, che talora vi prende il sentimento, specialmente nell'Inno della Passione o nell'altro della Risurrezione. E sarebbe insopportabile se a volta a volta quella corrente di esclamazioni e interrogazioni non fosse rotta dalla rappresentazione di quel mondo morale, espresso in immagini e pensieri nuovi e semplici, che è la vera base poetica degl'Inni, il ponte che lega le antiche tradizioni co' sentimenti contemporanei. Questo ci rende così attraente il Natale e l'Inno a Maria, e comunica alla Pentecoste eloquenza e grandezza morale.
In questa ricostruzione di un mondo celeste si sviluppa una lirica alta sulle collere e sulle cupidigie mondane, che ha la sua prospettiva nell'altra vita.
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