Il momento drammatico di questa lirica è la morte, e la sua forma ordinaria è la preghiera, alzamento dell'anima a Dio. Questo vivo sentimento del soprannaturale che alita sul corso agitato degli avvenimenti, e ti somiglia il convento eminente sulle città e castella, dove cercava pace l'uomo travagliato e logoro da passioni terrestri, è appunto la lirica del Medio Evo, è Beatrice e Laura, visioni e fantasmi nella vita terrena, divenute vere persone poetiche nell'altro mondo. Figlia di questo mondo mistico è l'Ermengarda, creatura appena abbozzata, più simile a fantasma che a persona, intorno alla quale rugge la tempesta, mossa per lei, mentr'ella si leva su, con gli occhi al cielo. Niente potea meglio ritrarre quel mondo feroce e sconvolto della barbarie, con le sue chiese e i suoi conventi, co' suoi angioli e i suoi santi. Nello sfondo del quadro vedi sempre su quelle agitazioni barbariche Ermengarda, la trasfigurazione della morte, quasi un risvegliarsi dell'anima alla vera vita. Questo sentimento della vanità delle cose terrestri, «omnia vanitas», nel maggiore eccitamento degli odii umani, questo paradiso di pace e di obblio che ti fluttua sul capo tra' ruggiti di età ferine, è la più bella concezione della poesia in questo misticismo redivivo. L'antagonismo è ancora più drammatico, perché si agita nell'anima stessa della morente, dove le rimembranze del tempo felice nutrono l'ultimo avanzo degli ardori terrestri, e generano uno strazio raddolcito dalla preghiera e dalla speranza.
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