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      I critici inglesi e anche i tedeschi trovarono la novità troppo modesta, e quasi timida. A' nostri e a' francesi parve un'audacia, quasi una profanazione. Era roba non tedesca e non francese; era pensiero originale del giovane, che pur cadendo volea si dicesse: «sull'orma propria ei giace».
      Il Carmagnola, concepito nel 1816, fu pubblicato tre anni dopo. L'argomento non piacque al Goethe. Voleva materia più vicina e più interessante, per esempio la Cessione di Parga, che ispirò poi Berchet. Ma come venne innanzi a Manzoni il Carmagnola? Fu un pensiero storico il tentatore.
      Studiando in quell'epoca e in quella vita, gli parve un secondo assassinio il giudizio degli storici contemporanei e posteriori, che l'uno sulla fede dell'altro lo tennero reo di tradimento e punito con giustizia dal Senato Veneto, e gli parve che il Conte fosse innocente senza che il Senato fosse reo. La sua tragedia ha un interesse storico, che si fa valere per se stesso, fuori della poesia, la riabilitazione del Conte di Carmagnola.
      Chi abbia ragione o torto, Pietro Verri che accusa, o Manzoni che difende, poco importa: la tesi appartiene agli storici. Guardiamo la tragedia.
      I critici italiani e francesi guardarono subito al suo meccanismo. Era la negazione di Corneille, di Racine, di Alfieri. E il vecchio classicismo si risentì. Ecco in qual modo questa tragedia avrebbe dovuto esser condotta col metodo classico. Chauvet, dopo di averne fatta la critica, rifà la tragedia. Secondo il critico francese, il quarto atto dovrebbe essere il primo; i tre atti che precedono sono superflui.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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