Mancò sempre più il senso del reale: l'immaginazione, segregata dalla vita, nelle cui fresche onde si alimenta e si rinnova, esaurì se stessa in un puro gioco privo di ogni serietà, cominciò co' concetti, e finì con le freddure. Merito del secolo decimottavo fu un rinnovamento del contenuto, che dovea portar seco anche il rinnovamento della forma. La critica penetrò in quel meccanismo di convenzione decorato col nome di classico, e si studiò di spirarvi una vita organica, riavvicinandolo al reale; naturalezza fu il nuovo verbo.
Metastasio, Goldoni, Beccaria, Cesarotti, Gozzi, si adoperarono con la dottrina e con l'esempio a dare alla forma irrigidita in quella sua pompa artificiosa, manierata e convenzionale, una flessibilità ed una movenza conforme all'andamento della natura. Ma l'educazione rimaneva classica, e le secolari abitudini rendevano sterili gli sforzi della riforma. Gli uni per soverchio studio di naturalezza divennero scorretti e francesizzanti, come Cesarotti, Filangieri, Beccaria; gli altri per soverchio amore d'italianità e di classicità reagirono, e andarono sino al purismo. Questa scuola neo-classica, illustrata da Parini, da Alfieri, da Foscolo, il cui porta-bandiera fu in ultimo Vincenzo Monti, e Pietro Giordani, era animata da un contenuto giovane e rigoglioso, che pur non ebbe la forza di crearsi esso la sua forma, impedito da pregiudizii e abitudini che si chiamavano regole, e da un meccanismo accademico e letterario che si chiamava classicismo. Avemmo contenuto nuovo e forma vecchia, pure spoltrita e infiammata da quel contenuto baldanzoso che covava nel suo seno.
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