Collocati in questo mondo i don Rodrigo e i don Abbondio, l'Innominato, il conte Attilio, il Contezio, il Provinciale, don Egidio, non hanno altro valore che per rispetto a quello; sono la sua opposizione, e il suo rilievo. Che questo mondo morale abbia a vincere materialmente, sarebbe una esagerazione, e quasi una caricatura della storia; e se Lucia riesce a salute, si dee in parte ad un concorso di casi straordinarii, com'è questo che l'Innominato si converta, e che la peste uccida don Rodrigo, e risparmii lei e Renzo. Ma quale che sia la sorte di Lucia, il mondo morale vince, non per la certezza de' suoi risultati nella vita pratica, ma per la sua efficacia sulle coscienze e sulle volontà: sicché là dove l'opposizione si sviluppa e i contrarii sono in presenza, è visibile la sua superiorità, come si vede nell'incontro di padre Cristoforo prima col fratello di colui che ha ucciso, e dopo con don Rodrigo, e nell'incontro di Borromeo con l'Innominato, e più tardi con don Abbondio. Questi incontri sono le varie stazioni, o per dir meglio i quattro atti di questo mondo ideale, a cui succede il quinto, un atto più divino che umano, la catastrofe della peste. Non si può dire che il successo materiale sempre ci sia, perché Borromeo riesce così poco a convertire don Abbondio, come padre Cristoforo a convertire don Rodrigo, e ci spendono invano tutta la fiamma della loro eloquenza; ma la vittoria ci è sempre, e don Abbondio se non è convertito, è sinceramente commosso, e don Rodrigo può bene svillaneggiare il frate e cacciarlo via, ma non può cancellare dalla perversa immaginazione quel vindice: «Verrà un giorno!
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