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      Ora Manzoni ha pochi pari nella finezza e profondità di questo senso del limite o del reale, che è il segno caratteristico di un mondo adulto e virile. Tutto ciò che esce dalla sua immaginazione, ha il carattere severo di una realtà positiva, esce cioè limitato, misurato, così minutamente condizionato al luogo, al tempo, a' caratteri, alle passioni, a' costumi, alle opinioni, che ti balza innanzi una individualità concreta e piena, un vero essere vivente. I più studiano ad abbellire, a produrre effetti maggiori del vero; il suo studio è a limitare disegni, proporzioni, colori, secondo natura e storia, sì che tu dica: - È vero - . Il maraviglioso e l'eroico, il perfetto, ciò che dicesi l'ideale, non lo alletta, anzi lo insospettisce, e mette ogni cura a ridurlo nelle proporzioni del credibile e del naturale. Dove i più si affannano ad ingrandire, lui si affanna a ridurre in giusta misura. Onde quel suo mondo religioso e morale, preconcetto nella mente con tanta perfezione, entrando nella storia tra avvenimenti veri e finti, vi s'innatura e vi s'incorpora, imperfetto appunto perché vivo. O per dir meglio, se quel mondo si può chiamare imperfetto di rincontro alla sua esistenza logica e mentale, è perfettissimo come mondo vivente, e perciò mondo dell'arte. Certo, niente vi è di più maraviglioso, che la conversione dell'Innominato. Il pianto di Lucia, che ispira nel Nibbio un sentimento nuovo, la compassione, produce in lui una trasformazione così profonda, che lo converte, lo fa un altro essere.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





Manzoni Innominato Lucia Nibbio