La monacazione di Gertrude, la carestia e la peste di Milano possono sembrare avvenimenti troppo sviluppati a quelli che concepiscano un romanzo come una logica artificiale con equilibrio di proporzioni. Questi ed altri avvenimenti, rimanendo nel loro senso generale uniti col tutto, vi stanno come parti organiche, dotate di attività propria, vere e compiute persone poetiche, che in quell'armonia universale hanno fini e interessi proprii.
Così l'ideale religioso e morale che è la finalità del Romanzo, l'ultimo suo risultato, va a profondarsi nella infinita varietà dell'esistenza particolare, attingendo in recessi inesplorati del mondo reale novità e originalità di forme e di movenze, di cui non era esempio nella nostra letteratura, ed esce di colà misurato e limitato in modo che vi perde la sua purità logica e la sua perfezione mentale, internatosi e mescolatosi nel gran mare dell'essere con tutte le imperfezioni e gli accidenti della storia.
L'istrumento di questa misura dell'ideale è l'analisi. L'ideale nella sua purità è sintesi, esistenza abbreviata e condensata, che ti ruba i limiti, e ti dà una immagine dell'infinito. Come lo spirito si fa più adulto, più decompone, limita e analizza, più l'esistenza si squaderna. L'analisi è il genio del mondo moderno, la porta del reale. E quanto la nostra letteratura fosse rimasta estranea al mondo moderno, si può argomentare dalla sua grande povertà d'analisi. Ciò che ivi trovi sono vuote generalità, succedute alle sintesi pregne e vigorose di Dante, a quel suo veder da alto e da lungi, vedere in blocco.
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