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      dovinare quali idee doveano entrare nel suo discorso. Avrebbe fatto sentire a quell'uomo tutta l'indignazione dell'offesa fattagli. Avrebbe respinte le sue scuse; nessuna scusa può rendere scusabile l'audacia di essersela pigliata con tal cavaliere, con tale famiglia. E se non avesse quell'abito... ma in contemplazione dell'abito si degnava di perdonargli. Questo era il sugo del discorso; ma gli atti e le parole del frate e il mormorio della folla gli rovesciano tutto il discorso. E còlto lì all'improvviso tra le idee apparecchiate e le idee sopravvenute, toltogli spazio di raccogliersi, di calmarsi, l'alterazione interna gli altera la voce, e balbetta tronconi di frasi, dove entrano le antiche impressionj corrette dalle nuove. Voleva dire: - L'offesa veramente è stata tale che non ammette scusa - . Ma «offesa» non è più la parola della nuova situazione, e si corregge, e dice «fatto», parola generica e senza colore, suggeritagli da un sentimento nuovo di delicatezza, da cui si sente dominato senza sapere perché. - «L'offesa... il fatto veramente...» - . E si arresta, e non osa compiere la frase, per tema di dir cosa dispiacevale, e perché quel fatto che voleva dimostrare inescusabile, è già in cuor suo e di tutti non solo scusato, ma perdonato. Egli parla sotto l'impressione della folla, e ne sente il controcolpo e si fa la sua eco. Colui è già perdonato, e la frase cominciata resta in aria, e spunta la nuova da una idea già preparata e subito corretta, perché la sua nuova situazione gliene fa sentire la sconvenienza.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420