E il vantaggio è tutto di don Abbondio: che produce effetti comici irresistibili con la naturalezza, la sincerità e la subitaneità delle sue impressioni, nelle quali apparisce tutto lui, nelle più varie determinazioni del suo carattere, paura, stizza, volgarità, ottusità, tutto impressione e immaginazione; dove il Cardinale è talmente immedesimato con le sue idee, che ti pare un ente di ragione, anzi che un uomo vivo: qui hai idee, là senti un uomo. Appunto perché nel Cardinale non ci è che una corda sola e ne' suoi toni più acuti; quando ella vibra di soverchio e troppo a lungo, sì che il discorso prende aria di sermone, la reazione, malgrado il correttivo di don Abbondio, sta lì lì per formarsi nell'animo del lettore, ed eccoti in buon punto il poeta che interrompe il sermone e dice lui la sua parola. Gli è che il poeta non è assorbito nell'azione, e non si fa imporre neppure dal Cardinale, ed anche dirimpetto a lui sta lì col suo risolino, disposto a burlarsi un po' insieme col pubblico di questo metter fuori con così poca fatica tanti bei precetti di fortezza e di carità, se non che riflette che quelle cose erano dette da uno che poi le faceva, e si riconcilia con l'oratore. Così rimasto fuori della scena tranquillo e intelligente spettatore, in comunione con l'uditorio e attento alle sue impressioni, egli vi partecipa, le spiega e le modera.
C'è nel teatro del mondo due temperature: l'una è degli spettatori, l'altra degli attori. Questi si trovano in una situazione ben determinata dirimpetto al pubblico indifferente, che non ne ha alcuna; ond'è che se troppo vi si scaldano, e alzano troppo il tono, e si mettono in una temperatura troppo elevata, scoppia la dissonanza.
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