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      Vedi la forma sprezzante, con la quale è indicata la morte di Griso, come d'un animale senza pensiero, senza parola e senza rimorso, senza alcun vestigio di senso umano. E non perché non pensi e non parli, ma perché il poeta con l'aria di chi guarda e passa, non degna raccogliere pensieri e parole di un essere così insignificante e volgare nella sua malvagità. Questa potenza e proprietà di colorito tu non l'incontri solo nell'analisi, ma ancora più nella rappresentazione, quando alla descrizione e al discorso succede il dramma, cioè a dire quando tale personaggio, tale avvenimento ben descritto, bene analizzato, entra in una data situazione. Mentre si opera e si parla, il poeta è là che dà il rilievo, scolpendo le figure, animando gesti, movenze, positure, dipingendo al di fuori tutta la vita interiore così bene esplorata, e cogliendo a volo le sinuosità più fuggevoli e più delicate della rappresentazione. E tutto questo mondo è così sempre tutto intero innanzi al poeta, che analisi e rappresentazione s'illuminano a vicenda, entrando l'una nell'altra e l'una all'altra specchio e rilievo, di guisa che spesso un tratto analitico ti rischiara tutta l'azione, e un gesto, una parola ti richiama tutta l'analisi. Don Abbondio è il personaggio meglio analizzato e più compiuto. Lo incontriamo nelle più varie situazioni, sempre diverso e pur sempre quello. La sua nota fondamentale è la pusillanimità, che nelle situazioni più accentuate prende la forma acuta della paura; e la sua diversità è apparente, è nelle varie gradazioni di quella nota, come sono le sue stizze, le sue impazienze, la sua poltroneria, e fino il suo coraggio, quel tale coraggio della paura.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





Griso Abbondio