Veggasi come così varie situazioni di animo sono illuminate da tratti analitici, e come talora un suo gesto, una sua parola ti richiama l'analisi, e gli caccia d'improvviso e a sua insaputa il gran segreto della sua natura a tutti manifesto, fuorché a lui, qual è il motto famoso: «il coraggio uno non se lo può dare». Spesso l'analisi è il frontespizio della rappresentazione, ed hai un vero processo logico, una specie di premesse e di conseguenze; talora è in antagonismo e ne vengono grandi effetti estetici, come quel don Abbondio in quello stato di perfetta quietitudine, quasi di uomo contento che faccia il chilo, col suo famoso: «chi è Carneade?» rimasto proverbiale, còlto a volo e fissato in caricatura, con quella zimarra, con quel camauro, in quella figura grottesca, e da quel sicuro lido lanciato subito in pieno mare tempestoso. Queste intime commessure delle cose scrutate e connesse con tanta virtù intellettuale, e allogate, rilevate, armonizzate con l'occhio sicuro di un artista consumato, producono nell'unità dell'insieme anche l'unità del colorito, espressione immediata delle cose e delle loro impressioni sul poeta, e così preciso e giusto e semplice, perché la visione è chiara e l'impressione è vera.
Tale esce qui lo stile nelle sue forme intellettuali e fantastiche dalla sorprendente combinazione di due forze amicamente operose, un grande vigor logico e una immaginazione potente. Il suo carattere è la precisione congiunta con l'evidenza nella massima semplicità. O per dirla con una parola, è la naturalezza, quell'immergersi e obbliarsi della mente nella natura e parer una con quella.
| |
Abbondio Carneade
|