Invece gl'Inni del Manzoni passano inosservati, sono come non scritti: ciò che avviene spesso in Italia, la quale è apata, inerte. Anche quando Goethe scrisse nel suo giornale letterario le lodi degl'Inni, chiamandoli, lui tedesco, maravigliosi per forma ed ingenuità (ciò che non è esame serio), quantunque Goethe e Fauriel si fossero fatti patroni del giovine poeta (e voi sapete che quando giunge in Italia una voce straniera che esalta un italiano, quest'italiano diventa subito una gran cosa, com'è difetto dei popoli senza coscienza, che non sentono essere il loro giudizio eguale in valore a quello degli altri); ebbene nonostante ciò gl'Inni non destarono impressione. L'Italia si accorse degl'Inni quando Manzoni divenne celebre. Gl'Italiani solo quando il genio di Manzoni si fu sviluppato ed ebbe acquistato coscienza di sé negli altri suoi lavori, si ricordarono che quell'uomo aveva fatto degl'inni, e ciò prova in favore dei lavori posteriori, non in favore di quelli che si erano dimenticati.
Manca nell'ideale degl'Inni il contenuto storico, e perciò essi non sono lirica, non epica, non drammatica, poiché ciascun genere di poesia suppone un ideale pieno di contenuto, calato nella storia; qui il contenuto è generale, vuoto della vita contemporanea, vi manca il processo interno, quell'affermarsi come sé, il calor del mondo reale, lo scendere in mezzo alle lotte, ai contrasti, e poi di nuovo affermarsi. Dunque cosa sono gl'Inni di Manzoni? Sono come quelle poesie primitive nelle quali i popoli narrano le proprie credenze, il sistema teologico che essi si fanno del mondo, e che diconsi «teogonie», poemi religiosi.
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