Sentite lo sfogo che Adelchi fa con un amico intimo, perché son parole caratteristiche. - Il core, dice egli ad Anfrido,
... mi comandaAlte e nobili cose; e la fortuna
Mi condanna ad inique; e strascinatoVo per la via ch'io non mi scelsi, oscura,
Senza scopo: e il mio cor s'inaridisce,
Come il germe caduto in rio terreno,
E balzato dal vento - .
Ecco dunque un uomo che ha l'istinto delle grandi cose, che ha l'istinto della generosità, della giustizia, della vera gloria, il quale si sdegna se vede combattere contro gl'imbelli, si adira della ferocia dei soldati contro donne e fanciulli - e che finisce rêveur, come dicono i Francesi, chiuso in sé, e cerca sfogarsi con il suo amico.
Intanto i fati si affrettano: i Longobardi sono vinti, Pavia è presa, Desiderio fatto prigione, Adelchi si è chiuso in Verona, Verona stessa è dai traditori consegnata a Carlo: è il momento della catastrofe. Come finirà Adelchi?
Vedete Saul, che è il vero protagonista della tragedia di Alfieri, il più interessante, segnacolo all'ira divina; egli, vedendosi sconfitto, perduto, esclama:
- Empia Filiste,
Me troverai, ma almen da re, qui morto - .
L'idea del suicidio s'impossessa di Adelchi, egli vuole uccidersi. E, notate! perché non si uccide? La ragione è di molta finezza, assai delicata, suppone una gran forza morale. - Tu vuoi ucciderti, dice a se stesso, perché non ti senti la forza di guardare in faccia al vincitore! E questa è falsa vergogna, è lo spirito mondano: ciò che sembra coraggio è viltà, il coraggio sta nel presentarsi vinto, incatenato, al nemico della tua famiglia, a colui che ha oltraggiato tua sorella - .
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