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      È anche espansiva nei primi giorni poetici in cui ha innanzi il suo fidanzato, giorni inenarrabili in cui due anime si abbracciano, combaciano come una medesima persona.
      Ermengarda va alla casa paterna e non vi trova la madre, non la sorella che è chiusa in un monastero; ha innanzi il padre, uomo di passioni come io ve l'ho descritto, e il fratello. Viene la prima scena: permettetemi che io ve la disegni con attenzione, perché è delle più belle, forse la più bella della tragedia.
      Ermengarda entra muta, smarrita, legge o le par di leggere negli occhi di tutti la sua vergogna. Il padre le volge parole soavi, il fratello cerca confortarla, un sentimento nuovo si fa strada in lei, e pensa: - Dunque non sono reietta da mio padre, dunque ho ancora la casa paterna? - . Allora sorge il bisogno di espansione. E in qual modo la giovane espande l'animo suo? Non parla al padre o al fratello, si mette sotto la protezione della madre che è in cielo: le prime sue parole son rivolte alla madre, la quale l'avea adorna con le sue mani quando andò a nozze, le avea reciso il crine, com'era il costume di quei tempi.
      - O madre mia, ella dice,
     
      ... oh vedi:
      Quella Ermengarda tua, che di tua manoAdornavi quel dì, con tanta gioia,
      Con tanta pièta, a cui tu stessa il crineRecidesti quel dì, vedi qual torna!
      E benedici i cari tuoi, che accoltaHanno così questa reietta - .
     
      Ecco le prime parole di Ermengarda, che vi rivelano il poeta: è la prima messa in iscena, la prima comparsa del personaggio. E notate «quel dì» due volte ripetuto, e il non osar nominare il padre e il fratello, e il dire alla madre:


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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