Come vedete, sono questi tratti ordinarii della morte cristiana; e se protraete ancora per poco questa situazione, diventa languida; nulla la farebbe camminare.
Il poeta inventa una specie di macchinetta per prolungare questa vita cristiana, rappresentandola in altro modo. Egli suppone che Ermengarda ignori che Carlo ha sposato un'altra donna, e mentre ella parla con la sorella, conduce la scena in guisa che la badessa le comunichi la nuova fatale. Ermengarda che ha ancora la memoria del suo passato che l'incalza, raccomanda alla sorella di vestirla da regina, di farle tenere nell'urna l'anello che le fu dato presso all'altare, e non per ambizione, non per vanità femminile: - Questa veste m'appartiene, è Dio che mi ha dato questo posto, - ella dice: - e chi sa che Dio non tocchi il cuore di quell'uomo, e che egli non venga un giorno a prendere la mia spoglia qui, nel monastero, e la conduca alla tomba degli avi suoi in Aquisgrana? - .
La sorella crede far bene gettandole questa nuova innanzi: - Carlo è sposo di un'altra - .
Succede un movimento in questa vita uniforme e semplice. Ermengarda cade in delirio: questa donna che sinora ha serbato il segreto del suo cuore, e non lo ha confidato nemmeno alla sorella, la quale, sposa di Dio, non dovea saperlo, ora manifesta se stessa, il segreto le sfugge, e rivela quali sono le sue memorie.
Un critico tedesco dice che questa scena è piccola, che ci si rappresenta una donna gelosa, da commedia, che qui si guasta il personaggio. È uno di quei critici come ce ne sono molti in Germania, i quali hanno molto ingegno e dottrina, ma non il sentimento dell'arte.
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