Klein, che è quel critico di cui vi dicevo, non sente che qui la gelosia è introdotta non per sé, ma come mezzo di poter rompere il ghiaccio nel quale Ermengarda si trova. Per quel carattere chiuso per forza, pur con tanto desiderio di espandersi, è questo il mezzo ultimo di rivelare il segreto interno, le memorie che ondeggiano nella sua mente.
Immagina nel delirio di stare innanzi a Carlo, il quale rimane ancor freddo alle parole di lei: manifesta l'amore che fino a questo punto ella non ha cacciato dal cuore. Crede di parlare a Carlo, e dirgli:
- Amor tremendo è il mio.
Tu nol conosci ancora; oh! tutto ancoraNon tel mostrai: tu eri mio: secura
Nel mio gaudio io tacea; né tutta maiQuesto labbro pudico osato avria
Dirti l'ebbrezza del mio cor segreto - .
Sicché in ultimo ecco svelato l'arcano: e comprendete perché le memorie assalgano Ermengarda anche nel monastero: esse non per se stesse si fanno valere, ma perché sono Carlo, sono l'amor suo! Ella non osa dire: - Io l'amo - ; ma ricorda il tempo in cui era regina, quando andava alla caccia con lui: così è esposta in modo pudico la vita di questa donna, che ama sempre chi l'ha ripudiata, e nol può dire.
Il delirio affretta la sua fine; quando il segreto le esce di bocca, ella muore. Ritornando in sé, si volge a Dio, si riconcilia con lui, spira dicendo:
- Moriamo in pace.
Parlatemi di Dio; sento ch'Ei giunge - .
E mentre gli occhi di Ermengarda cercano il cielo:
col tremoloSguardo cercando il ciel,
quello sguardo diviene parola nelle suore, che innalzano a Dio la loro preghiera, perché accolga l'anima di lei.
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