Manzoni come poeta del secolo XIX voleva emancipare la lotta da questo elemento simbolico ed esteriore, presentarla direttamente, come in ogni tragedia, tra i personaggi e gli avvenimenti; e volle darci la lotta in Ermengarda tra l'amore di Carlo e la tendenza cristiana. Non occorre ripetere quello che vi dissi, sapete ora perché non è riuscito: sentite la lotta svanire in quel dramma in cui Ermengarda rimane un incidente: il substratum vero della poesia ivi è il Coro.
Da questo fondamento cristiano non esce solamente una lirica più o meno drammatica, ma un nuovo mondo epico, in cui la storia è guardata con l'occhio dell'altra vita, come storia di Dio, del quale l'uomo non è che ombra, apparenza, strumento. Questo nuovo mondo epico si trova anche inviluppato negl'Inni: così nella Pentecoste, nella Risurrezione trovate un nuovo modo di considerare le cose umane. Centro di questo mondo epico è la morte che ci dà il sentimento della vanità delle cose: ci avete il pensiero di Petrarca:
Veramente siam noi polvere ed ombra.
Fondamento di questo mondo è l'elemento provvidenziale, la storia è considerata come opera della Provvidenza, come la storia di Dio: è il mondo come l'ha concepito Bossuet, e prima di lui S. Agostino. E notate: se il mondo rappresentato come storia di Dio fosse regolato da Dio come intelligenza o ragione accessibile all'uomo, poca differenza sarebbe tra questo concetto e il concetto moderno della storia, poiché Dio, comunque in diversa maniera ognuno se lo figuri, è il complesso delle leggi eterne secondo cui cammina il mondo.
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