Questo, lo vedete scoppiare e non gli date alcun fine, non gli domandate perché scoppia, perché ha ucciso piuttosto uno che un altro.
Nel Cinque Maggio quindi vibra una corda sola, v'è una sola corrente: è la rappresentazione del maraviglioso e dello straordinario, sia come forza generale dell'uomo, sia come lo straordinario delle vicissitudini storiche. C'è la sola corda del maraviglioso.
In che modo questa ispirazione vera ha fatto suonare quella corda? Come il poeta ne ha saputo cavare gli effetti del maraviglioso? Entriamo ora in particolari di pura forma, per intendere gli effetti estetici del poema.
La parola, la quale deve produrre gli effetti del maraviglioso, finché riman nella regione delle idee o dei concetti, può riuscire, perché le basta un pensiero che vi rappresenti innanzi qualcosa d'infinito, per attingere il suo scopo. Quando Manzoni ci dice:
Ai lieti campi, al premioChe i desiderii avanza,
Ov'è silenzio e tenebreLa gloria che passò,
tutto questo è un maraviglioso di concetto, un gran pensiero che vi fa balenare innanzi qualcosa di non definito, che vi dà l'immagine dell'infinito, come quel «premio che avanza il desiderio», come la gloria divenuta «silenzio e tenebre».
Avete qui un concetto sublime; ma se il Cinque Maggio fosse così cucito di concetti sublimi, sarebbe una storpiatura. Manzoni non ricorre a questo mezzo facile del sublime che verso l'ultimo, quando sparisce l'uomo e comparisce Dio, Dio che è l'espressione estetica del concetto del sublime. Nel resto dell'ode il poeta non ricorre punto a simili concetti.
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