Ora non voglio vedere fino a qual punto avessero ragione o torto costoro nel mettere in dubbio le qualità poetiche di Alfieri, questione già trattata da molti altri, e che ci allontanerebbe dal nostro proposito. Dirò solo che i fratelli Schlegel lo maltrattano non solo come Vittorio Alfieri, ma come rappresentante di un sistema messo da essi al bando dell'arte e della poesia. In virtù di questo sistema Alfieri si teneva in buona compagnia, perché con lui sono condannati tutt'i tragici antichi italiani, rei di aver imitato le forme classiche, e Corneille, Racine, Crébillon, Voltaire, lo stesso Molière, Metastasio, Goldoni e via di seguito.
Gli strali lanciati qua e là si condensano principalmente contro Alfieri. Qui si vede anche la passione cattolica reazionaria che in quel tempo si svegliava, e che sceglieva a capro espiatorio il povero Alfieri.
Bisogna esser vivuto in que' tempi per comprendere l'immensa impressione che produssero le due opere dei fratelli Schlegel. Sono critici empirici, non sono filosofi né Federico né Augusto, e non sono io che li chiamo in questo modo, è Hegel medesimo. Sono empirici, ma nel loro empirismo c'è tanta ricchezza di nuovo contenuto, tante nuove viste originali, c'è un sistema che contraddice tutte le regole e opinioni ricevute, che naturalmente doveano produrre grande impressione. Uno di quelli che provarono questa impressione fu il giovane Alessandro Manzoni, ed essa è visibile in lui quando non solo si osservano le sue poesie, ma si leggono i suoi discorsi e articoli critici.
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