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      Filippo cercò di disarmarlo destramente, e quando il pastore divenuto conte si accorse del tranello, abbandonò Filippo, e come Annibale andò cercando in Italia un nemico contro colui. Proprio allora Venezia era in procinto di dichiarar guerra al Duca, e il Conte offrì la sua spada al Senato veneziano. In quel tempo si andava per le spicce, per cui Filippo mandò un assassino ad uccidere il Conte, ciò che l'accreditò vie più presso i Veneziani, i quali ne argomentarono che quantunque Carmagnola fosse sposo della figlia del Visconti, pure tra essi era inimicizia irreconciliabile.
      Tutta questa che è la parte più interessante della vita del Conte, è gettata come un antecedente nella tragedia, la quale comincia dall'offerta che egli fa della sua spada a Venezia. Da questo momento, sino alla morte di lui, si ha una serie di fatti storici.
      L'autore ha sentito istintivamente che una tragedia puramente storica, senza personaggi ideali, non poteva che riuscir fredda. Cercando il modo di combinare la storia e l'ideale, il poeta viene alla strana risoluzione di ficcare nella tragedia personaggi ideali, cioè, per Manzoni, inventati. Infatti tutti i personaggi della tragedia sono storici, tranne due, Marino e Marco, oltre i due commissari che sono anche in parte inventati.
      Quando si viene alla catastrofe, quando i Veneziani sospettano che il Carmagnola li tradisca per favorire Filippo Visconti, sorgono nel Senato due correnti. Da una parte è la ragione di Stato, il patriottismo superiore alla stessa moralità, l'idea che si riassume nel salus publica suprema lex esto.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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