- , torna a domandare l'estetico. Che importa a noi sapere se le idee espresse in questa forma sieno secondo un sistema filosofico o religioso? Sono domande importanti queste, se chi produce è un filosofo, ma non hanno senso se chi produce è un pittore, uno scultore, un poeta.
E si domanda ancora se questa cosa è morale o immorale. Noi rispondiamo: - Che importa se ciò che il cervello ha prodotto si chiami Margherita o Jago, se sia una creatura dell'inferno o del paradiso? Importa solo che sia forma, e forma vivente - .
Ora viene la domanda più grossa: - Questa forma è bella o brutta? - . Sapete che gli estetici dicono che l'arte è la manifestazione del Bello. E questo nemmeno c'importa; ciò che il cervello produce può essere bello come un angelo, e può essere Satana, ciò che di più brutto può concepire l'immaginazione. Ma non avete voi il diritto di dire al poeta: - Producetemi il bello e non il brutto - . Dovete invece dirgli: - Producete! - . Dovete domandare se la forma è chiara, coerente, vivente; e allora avete il diritto di rimproverare il poeta, quando vi trovate l'informe, il difforme, il deforme.
L'«informe» è ciò che concepito dal poeta, è rimasto un aborto, un tentativo. Il «difforme» si ha quando le parti della forma sono in contraddizione fra loro, quando non sono le membra regolari di un armonico tutto. Il «deforme» si ha quando la produzione fa su voi l'impressione del niente, di ciò che non esiste.
Avete diritto di censurare il poeta se egli vi dà l'oscuro, il confuso, l'indefinito, l'arido (quando la forma per mancanza di sugo non acquista vita), il gonfio (la forma oltrepassata), il semplice vuoto generale o particolare: perché quel generale è un centro senza raggi, oppure si hanno atomi erranti senza forza che li attiri e li tenga insieme.
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