L'ultima scena del dramma è la stessa: il Senato veneziano, e Carmagnola innanzi a lui. Il punto di partenza e la fine sono situazioni identiche, con questa differenza, che al principio il Senato dà il comando a Carmagnola perché fida in lui, all'ultimo lo condanna perché non ha più fiducia in lui. Fin qui tutto è liscio, v'è coesione fra le parti, ciò che Manzoni chiama «ideale del dramma». Egli ha innanzi due tipi, Marco e Marino; Marino che rappresenta il potere civile, il Senato; e Marco anch'egli senatore, che rappresenta gl'istinti generosi della parte del Conte di Carmagnola.
Questo è il succo della lettera, questo il sistema di Manzoni. Non discuterò ciò che dice Chauvet, critico dell'antica scuola, classico; ma quello che Manzoni dice aver voluto fare. Egli sostiene che non può esserci interesse tragico senza fondamento storico, e dato questo non può esserci unità di tempo e di luogo. Noto l'assoluto di questi principii. Possono esserci casi in cui la tragedia abbia fondamento storico; ma chi vi dà il diritto di dire che non può farsi una tragedia su base inventiva? Lo stesso si può dire a Chauvet: - Voi mettete a base della tragedia l'invenzione; ma chi vi dà il diritto di dire che non può esservi tragedia con fondamento storico? - .
Manzoni dice: - Guardate il fanciullo. Se gli raccontate un fatto maraviglioso, prima di tutto egli domanda; è accaduto? Se gli dite no, egli alza le spalle, non ci s'interessa più. Lo stesso è del popolo che per parte sua è il fanciullo della storia - . Ma si può rispondere a Manzoni: - Perché il fanciullo domanda se quel fatto che gli è narrato è vero?
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