È il cumulo di tutti questi fatti che induce il sospetto nel Senato veneziano.
Manzoni vuol fare un dramma nuovo, ma ha innanzi un pubblico avvezzo alle regole classiche, ed ha pensato: - Se prolungo la storia di due e tre anni, esco troppo fuori dei limiti che ammette il pubblico italiano - . Componendo egli pensa ai fischi del parterre. Quindi nel quarto atto mette in bocca ad un personaggio la narrazione dei fatti in cui è il processo psicologico, la tragedia: quei fatti perciò riescono freddi, sfuggono all'attenzione dello spettatore, perché narrati e non rappresentati.
Vediamo quali sono le conseguenze di tutto questo. Poiché non c'è movimento drammatico, non quel processo psicologico che Manzoni medesimo vede nell'Otello, e le azioni sono quasi tutte narrate, e c'è una sola azione rappresentata, la battaglia di Maclodio, cosa accessoria che dà origine al Coro; la tragedia è composta di discorsi: non c'è vita drammatica.
Nel primo atto abbiamo innanzi il Senato che dopo aver discusso a lungo, delibera di affidare a Carmagnola il comando delle truppe contro Filippo Visconti; poi Marco, amico del Conte, che va a comunicargli la notizia, e qui un discorso tra Marco e il Conte. Nel secondo atto è un consiglio di guerra de' generali di Filippo, vi si discute a lungo se si deve dare battaglia oppur no; poi c'è il Conte che comanda ai suoi di starsene pronti: qui finisce il secondo atto. Nel terzo si comincia a mostrare lo sviluppo drammatico, i Commissarii proibiscono la restituzione de' prigionieri, il Conte nega di farlo.
| |
Senato Manzoni Otello Maclodio Coro Senato Carmagnola Filippo Visconti Marco Conte Marco Conte Filippo Conte Commissarii Conte
|