Il Carmagnola pastore, trova una truppa d'avventurieri che lo invita a seguirlo: egli lascia la greggia, diventa soldato, le sue qualità lo distinguono subito. Il suo capitano è Pergola; questi ha fiutato l'ingegno di Carmagnola, lo mette sotto la sua protezione, lo fa progredire. Di protetto egli diventa poco a poco protettore, anch’egli capitano di ventura, ha un esercito a cui comandare. La sua ambizione ha già raggiunto un grado di attuazione. Avea aspirazioni, ora ha la potenza. Mette la sua spada al servizio di Filippo Visconti, conquista Milano, regala a Filippo la corona, sposa la figlia di lui. Fin qui la sua vita è ascendente, perché sapete che l'uomo sale sino a un certo punto, dopo il quale è la china. E viene la china nella vita di Carmagnola: egli è costretto a lasciare Milano, va a Venezia dove succede la sua catastrofe.
E quali sono le ragioni della decadenza? Le stesse qualità che lo hanno fatto salire. Finché ha avuto uno scopo a cui tendere, e per mezzo i soldati e le battaglie, egli è rimasto nel suo ambiente. Ma eccolo ora suddito di Filippo Visconti, sposo della figlia di lui, circondato da cortigiani invidiosi che gli tessono insidie, a lui, avvezzo a sciogliere i nodi con la spada, inconscio degl'intrighi di corte. Filippo Visconti non lo guarda più come strumento utile, anzi non più utile, pericoloso.
Un uomo volgare a quel posto sarebbe stato contento, egli no; vi si sente morire, è fuori del suo campo di azione, la sua attività febbrile è rimasta senza scopo.
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