Egli scrisse due articoli in lode del Carmagnola, e non vi trovò a biasimar altro, se non che l'innesto di personaggi ideali e storici; biasimo che Manzoni accettò e per cui, quando poi fece l'Adelchi, cercò un altro metodo per non cadere nel medesimo fallo. Goethe dunque, tranne questo, è tutto lodi pel Carmagnola: dobbiamo renderci conto di queste lodi e vedere se son vere, se hanno buon fondamento; e se lo hanno, perché ciò nonostante il Carmagnola è una tragedia sbagliata.
Goethe esamina di essa tre punti: la distribuzione delle scene, la natura dei caratteri e la commozione, il patetico della tragedia. Egli dice eccellente la distribuzione delle scene e fa in proposito delle fine osservazioni, che mostrano l'uomo esercitatissimo nel comporre e nel giudicare.
- Guardate, egli dice, con quanta sapienza è condotto il primo atto, che contiene l'esposizione della tragedia. Nelle tragedie classiche, in generale, suole un confidente, parlando al suo signore, raccontare gli antecedenti. Qui subito principia l'azione: abbiamo il Senato veneto che delibera intorno alla guerra contro il Visconti; poi innanzi al Senato il Conte di Carmagnola, al quale si dà il comando dell'esercito, e dalla stessa azione l'autore è condotto a dire chi è il Conte, qual è il suo carattere - .
Goethe fa notare anche come quasi per caso, in un incidente, l'autore vi gitti il nome della figlia e della moglie di Carmagnola. Ma non è a caso, perché all'ultimo, nella catastrofe, troviamo e moglie e figlia. Goethe osserva come nell'esposizione è il germe del lavoro, la sua «virtualità», e soprattutto con quanta coscienza è condotto il dialogo tra Marco e il Conte di Carmagnola, in cui Marco riprendendolo della sua alterigia, fa intravedere la catastrofe che nasce appunto da quell'alterigia, dall'indole e orgogliosa e fiera del Conte.
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