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      Milano, capitale del regno, fu il luogo di ritrovo degl'Italiani sfuggiti alla Santa Fede, e vi furono Russo, Cuoco e altri napoletani che riuscirono a non lasciare la testa sotto la mannaia, come Mario Pagano, Conforti e tanti altri illustri.
      Fino a quel tempo il sentimento nazionale era rimasto nei libri, e Mario Pagano, Beccaria, Filangieri, e d'altra parte Parini, Alfieri, Foscolo, anche Monti, aveano composto scritti spiranti libertà e amore di patria: ma questo non era ancora penetrato negl'intimi recessi della nazione. La letteratura si restringeva in un circolo limitato, e tutti quanti quelli che si davano a professioni speciali, ingegneri, medici, avvocati - gli avvocati forse meno, perché i loro studi erano più affini alla letteratura - rimanevano stranieri a quella propaganda fatta co' libri. Ma seguì una propaganda di dodici o quindici anni fatta a colpi di cannone, perché niente vale così a far propaganda come il cannone: il contraccolpo degli avvenimenti francesi, il giungere de' Francesi scomunicati a Napoli, erano di que' fatti che creano idee nuove, diffondono i sentimenti.
      Il popolo italiano nel 1816 non era più dunque il popolo del tempo di Beccaria e di Filangieri, quando solo nelle Università accadeva sentire una voce libera, e il popolo rimaneva estraneo al movimento delle idee. Fino ne' più piccoli villaggi di Calabria queste idee giungevano, e là da una parte era il brigante, dall'altra il liberale.
      Nell'ultima lotta contro Napoleone, gli alleati cercarono d'ingraziarsi gl'Italiani con offerte lusinghiere.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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