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      E questo elemento drammatico fa la grandezza del Coro.
      La lirica nella sua natura è sempre drammatica. Pigliate per esempio i canti popolari: che cosa è ciascuno di essi? Una situazione, un carattere, un fatterello. Una lirica di raziocinii e di riflessioni il popolo non la concepisce. Guardate alla lirica antica italiana: ci trovate dapprima le ballate, che sono movimenti drammatici. Anche oggi avviene lo stesso: per esempio il nostro egregio Lobbia col suo cappello dette origine a una espressione di questa lirica drammatica popolare. La lirica cadde in mano ai grandi scrittori. Guinicelli pel primo ne adulterò il significato trasformandola in lirica filosofica. Vennero Dante e Petrarca, maggiori di lui, ma non poterono sfuggire il difetto in cui egli era caduto: scrissero sonetti e canzoni e fecero cose rettoriche perché senza movimento drammatico, senza una situazione di fatto, tranne nelle migliori poesie, come quella in cui Dante narra il suo sogno, e le due belle canzoni di Petrarca, l'una Di pensiero in pensier, di monte in monte, l'altra Chiare fresche e dolci acque. Son tre canzoni magnifiche per versi quelle sugli occhi, ma stancano perché tutte concetti. Ne avemmo poi il petrarchismo, il movimento drammatico sparì, il sonetto e la canzone diventarono una catena di raziocinii che annoiano, sempre più aguzzi, ed avemmo il Seicento. Quel modo di poetare parve infine esagerazione, si volle renderlo più naturale e vennero le freddure, gli Arcadi.
      Quando ricomincia la nuova lirica ricomparisce il movimento drammatico.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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