L'un popolo e l'altro sul collo vi sta.
Il motivo tragico che comparisce al principio, riappare all'ultimo. E che cosa ci si move in mezzo?
Che cosa si muove nel Coro? Si muovono popoli operosi. liberi: i Longobardi e i Franchi, tutti e due forti, quantunque il primo sia vinto e l'altro vincitore. Ed il Coro è appunto la descrizione di due popoli viventi gettata in mezzo alle velleità di un popolo morto che, per un momento, crede vedere cangiato il suo destino e poi ricade nella tomba.
Questo non ha l'entusiasmo del Coro del Carmagnola. Nell'ultimo il movimento drammatico è sviluppato con più vive impressioni e il poeta non rimane nello spettacolo di quell'Italia divisa, l'avvenire gli si squarcia, e maledicendo lo straniero in nome dell'Italia fa intravedere la futura riscossa. Nel Coro di cui ora ci occupiamo il popolo comparisce appena, per poi rinchiudersi nel sepolcro. Là l'accento lirico è Pindaro, è l'entusiasmo; qui l'abbattimento, un non so che di triste...
Se volete intendere la differenza di questa ispirazione, alta in tutti e due i Cori, non avete che a guardare ai tempi in cui furono concepiti.
Quando Manzoni scrisse il Coro del Carmagnola, già i carbonari erano potenti in Italia tanto che fino i principi cadetti entravano in quelle associazioni e cospiravano: Francesco I, Carlo Alberto, allora principe di Carignano, erano carbonari. L'atmosfera era impregnata di quell'aria di rivoluzione che precede i grandi avvenimenti: infatti un anno dopo scoppiò la rivoluzione a Napoli, a Torino.
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